DAVIDE CERATI
Il ritratto è una proprietà della fotografia, non solo uno stile: lo possiede, per ragioni storiche e comportamentali. Negli anni, ha fatto emergere elementi intimi differenti, dell’uomo e della sua esistenza: l’identità, il riconoscimento, la memoria. E’ l’individuo consapevole di sé a desiderare un ritratto, quello che delega a un autore responsabile, capace di conoscere, interpretare, raccontare, aggiungendo allo scatto parte di se stesso.
I tempi cambiano e la “somiglianza interiore” (quella cercata da Nadar) è stata scalzata dal voler “apparire” secondo i propri desideri. Ecco che il mestiere del ritrattista diventa più difficile, per via di un incontro (tale è un ritratto) tra parti contrapposte, quasi conflittuale. Ne nasce una sorta di sfida senza spada, perché c’è chi vorrebbe essere e colui che conosce, interpreta, capisce, aggiunge. La partita si conclude con quel tempo piccolissimo regalato al “sempre” dell’esistenza e a chi vorrà osservare, cercando di comprendere a sua volta.
Davide Cerati ha vinto la sua sfida, senza combattere, con i mezzi che aveva a disposizione: colore, bianco e nero, inquadrature larghe e strette, ambientazioni o meno. E’ stata la forza interpretativa a prevalere, una ricerca assidua, il desiderio di storie sui volti, d’istanti da replicare. E qui sta il punto, che poi diventa una modalità d’uso: le fotografie di Davide vivono di un “momento allungato”, che lui a volte tenta di enfatizzare con il mosso. Le sue immagini divengono, non solo per somiglianza o identità, ma per il fatto di poter essere consultate di continuo, nei giorni successivi, nel tempo. Sempre. Per questa ragione s’inseriscono nella storia dello stile: oltre il riconoscimento, al di là deldocumento, prescindendo dall’estetica o dalla fotogenia.
Il viaggio del ritratto (o se vogliamo la sua storia) passa anche da qui, in questa mostra; e lo fa urlando un monito: non dimentichiamoci del ritratto fotografico, della sua importanza. L’individuo, il soggetto ritratto, ha solo due alternative per riconoscersi e riflettere su se stesso: le menzogne dello specchio o il click di un autore. La seconda opportunità è rivolta anche e soprattutto verso il prossimo, trasformando un laconico “io sono” in un più esaltante “io esisto”. Il “momento allungato” potrà incontrare differenti stati d’animo, anche nella medesima persona, che comunque potrà riflettere su di sé, sul tempo, sulle circostanze; dimenticando per un attimo quei numeri che stanno diventando la sua unica identità.
Grazie Davide
Mosè Franchi
22/11/2022